Miopia
In una concezione essenzialmente negativa del mondo e della società, percorsi da un processo dissolutivo (che coinvolge, insieme all’io poetico, la realtà quotidiana, i sentimenti, l’identità dei luoghi e degli eventi), la miopia diventa simbolo icastico della mancanza di perspicacia, di lungimiranza, di adeguati strumenti conoscitivi. Ma, più grave di quella ottica o mentale, è la miopia del cuore, che non potrà mai trasformare un fiammifero in una torcia e aprirci le porte della conoscenza. Tuttavia, il poeta non si arrende, ma continua a cercare, perché, più che l’improbabile conquista di un punto di arrivo, conta lo sforzo stesso della ricerca.
Libro compatto per la tematica amara e palpitante che lo anima e il linguaggio essenziale, asciutto, ma curato e sostenuto da figure e ritmi appropriati.
Miopia
- Angelo VALENTE, Michele Battaglino (Genzano), «Ciao Lucania» [organo ufficiale della Società dei lucani a Milano], VIII (marzo-aprile 1988), n. 2-3, p. 3
- Francesco Saverio LIOI, Tra fiori e rovi: la poesia di M. Battaglino, in Poeti e scrittori lucani contemporanei [Atti del corso sulla letteratura lucana], Potenza, Associazione Humanitas, 1994, pp. 377-384
[…]
Miopia, che è una delle liriche della seconda sezione, dà nome anche, oltre che alla stessa sezione, a tutta la raccolta. Perché questa scelta? Perché alla miopia (ottica e conoscitiva, fisica e spirituale) viene attribuito lo stato confusionale, di grigiore ed indecifrabilità degli oggetti della conoscenza. Se vinta però, con la mente o con l’intelligenza, «novello flusso penetra nel sangue, la distanza si accorcia» e, indovinate l’immagine, il fiammifero si fa torcia.
Possiamo allora classificare il Battaglino pessimista, sulla scorta delle argomentazioni del Catalano? Direi di no. È solo constatazione di una realtà angosciante, presa d’atto di una esacerbante insoddisfazione nel tormentoso travaglio per il raggiungimento di un traguardo che si tramuta, interrogativamente, in un abisso e che riguarda, secondo me, soltanto la miopia del cuore, come posto in risalto in Prisma di luce.
Ecco il vero dramma. La miopia fisica può essere vinta; la miopia dell’intelligenza anche, sebbene la ricerca rischi, ingarbugliandosi, laceranti contraddizioni e di procedere a ritroso come il gambero. Quel che non si riesce a sconfiggere è la miopia del cuore.
Allora il pessimismo, cacciato dalla porta, rientra prepotentemente dalla finestra? Così parrebbe ma, a mio modesto parere, la miopia del cuore, che in generale viene attribuita alla mancanza di fede religiosa, certamente impedisce il raggiungimento del traguardo oggettivamente inteso; ma, per un laico non credente che si rispetti, la realtà del traguardo non è data affatto dal punto di arrivo vero e proprio, spesso contraddittorio od inesistente (tanto da far esclamare ad un bambino «come alla scoperta d’una verità – / la ragione è che non c’è ragione»), bensì dallo sforzo stesso della ricerca che impone meditazione, vigilanza, fermezza di comportamento. Non per niente la silloge si conclude: «Grande e salda la casa nei pilastri / a venti e sismi resisterà. / Bene e male del mondo tutto vi entri: / io rimango qui ad aspettare».
Perciò «le immagini rassicuranti della casa e l’esibizione del disincantato giudizio sul mondo», contrariamente a quello che pensa il Catalano, rendono credibile nell’autore «il delinearsi dell’attesa virilmente impavida». […]
Detto questo della filosofia che governa il Battaglino, si deve far presente che le prime dieci poesie, senza titolo salvo quello unico di tutta la sezione: Flash-back, costituiscono una primizia formale in quanto, pur composte di quattordici versi come il sonetto, non solo si diversificano come in altri per il diverso tipo di raggruppamento (sette e sette) ma non obbediscono neppure alle imposizioni metriche e ritmiche del sonetto.
In questa silloge si nota l’adozione di uno stile nuovo, diverso da quello usato nei precedenti lavori, con un rimario, secondo me volutamente ignorato, probabilmente perché ritenuto inutile od artificiosa preziosità ostacolante il libro fluire del pensiero. […]
Le immagini, sofferenti, sono concettualmente significative; la musicalità del verso è contemporaneamente spontanea e voluta, fantasiosa e meditata; la scelta accurata delle parole viene posta in risalto dalla loro valenza sonora.
Poesia difficile ma bella.
[…]
I versi di Battaglino sono difficili da penetrare a fondo, pur non essendo ermetici. Dall’Ermetismo Battaglino è molto lontano, come è lontano da tanti versificatori contemporanei che credono di fare poesia mettendo parole sotto parole. Nella lirica di Battaglino è sempre vivo lo sforzo di stabilire un saldo legame tra ciò che viene elaborando e il patrimonio culturale assimilato.
La tradizione letteraria viene fatta rivivere nell’impegno costante a rispettare non solo il contenuto, ma anche la forma, per cui abbiamo versi a volte rimati, le strofe, il linguaggio sempre essenziale, montaliano, una studiata ricerca di stile che usa figure retoriche con parsimonia, ma sempre al posto giusto e che danno fruibilità estetica al lettore. Il poeta, “scavando nelle miniere nostrane”, non può non affondare le radici delle sue liriche in un neorealismo moderno che guarda alle cose e nelle cose trova la propria linfa. […]
Flash-back, VI
Sullo scosceso sperone abbarbicato
tra due valloni s’erge il paese
in abbandono, ed era tutto il mondo.
Ora qualche passante frettoloso
sull’acciottolato. Nere figure in lunghi
scialli escono di chiesa tacite
e sciamano per tortuosi vicoli.
Non più canti a voce spiegata
né odore di ragù che intride
l’aria. Altrove frenetica brulica
la vita quotidiana, dove il cambio
di stagione o il geranio spuntato
alla finestra è avvenimento
sotterrato nel fondo della memoria.
(p. 14)
Flash-back, VII
Non fu facile conquista né indolore
sradicarsi fanciullo per nuovi trapianti.
Lo studio doveva spaccare
lo steccato aprendo per sempre le vie
della conoscenza, ma l’istante
è diventato eterno, il riso amaro
e mi rattrista ora la vanità.
La vastità raggiunta è apparenza
se nuovi limiti premono senza varchi.
Ogni risposta rimane insufficiente,
inappagata l’anima smarrita.
Altre sorgenti ricerca la sete
inesauribile, un salto oltre la vita
nei miliardi di inattingibili forme.
(p. 15)
Miopia
Spesso tutto è perduto
dentro inafferrabile fumo
pallido d’identità. Non ha carezze
l’aria né la luce i suoi colori.
La vista è piccolo fiammifero
che qua e là s’accende a illuminare
un solo punto nero, il più vicino.
Il tutto (e il meglio) lontano rimane
chiuso alla nostra comprensività.
Non so più se è asfalto o prato
quello che appare laggiù dal balcone
mucchio di sterpi o cespo di rose
strisce di plastica o esili
capelli di salice abbandonati
al sole. Ah la miopia! Ma se inforco
gli occhiali un calore
è serpe sotto la pelle
novello flusso penetra nel sangue.
Torna nel cielo l’arcobaleno.
L’orizzonte apre monti e case
variopinte con gente seminata
lungo strade e campagne
nell’abbraccio d’uno sguardo.
La distanza si accorcia. Ecco
il fiammifero è una torcia.
(p. 31 s.)
Lucania ferita
È bastato un sisma a strapparti il cuore.
Senza veli il corpo apre
una debole nudità
le piaghe sotto il sole allo scoperto.
I mass-media mobilitati
ti hanno frugata e reinventata:
ora sai di esistere.
Un fremito di rabbia ti percorse
i giorni della paura
un guizzo emerso dall’abisso
il tuo riscatto
ma il pallone presto si sgonfia
e il sonno riavvolge uomini e cose
come sempre nella tua storia.
Torna il buio a stendere
ali di dimenticanza.
Torna la polvere dell’ignoranza.
L’arida coscienza s’impantana
in nere trame di sudditanza
o nell’attesa di dei ex machina.
Porta la terra fiori e sterpi
fringuelli e corvi il cielo.
Archiviato il caso terremoto
le macerie sono musei di archeologia
infrastrutture decollo ricostruzione
parole démodées.
Non oggi ti sei ferita, Lucania.
Antico il tuo male è nato con te
col popolo tuo coniglio-agnello.
Cemento e ferro no
solo qualche rinascita di tutta la razza
forse lo cancella.
(p. 36 s.)
Finestra aperta
Finestra aperta all’aria che dal fondo
del monte, di ogni monte sale
fino a questo punto di vedetta.
Sorriso vi mena rabbia e dolore,
ordinaria creazione dell’uomo.
La finestra è aperta e dentro spira
tepore di focolare.
Grande e salda la casa nei pilastri
a venti e sismi resisterà.
Bene e male del mondo tutto vi entri:
io rimango qui ad aspettare.
(p. 67)
TRACKS
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